martedì 9 dicembre 2008

GIUSTIZIA BORGHESE


I processi di Genova 2001 e la retorica delle mele marce
note sulla natura delle forze dell'ordine del nostro paese, mentre i processi per le violenze alla scuola Diaz e alla caserma Bolzaneto volgono al termine

Il 14 luglio è arrivata la prima sentenza dei processi che arrivano dal G8 di Genova 2001: 15 poliziotti sono stati condannati a 24 anni, sono stati ritenuti colpevoli delle violenze perpetrate nella caserma Bolzaneto da parte delle forze dell'ordine contro i manifestanti arrestati nei cortei, nelle azioni e negli scontri. Nessuno farà un giorno di galera, ma non è questo quel che è interessante sottolineare, quel che, ironicamente, verrebbe da chiedersi è “qual'è la fine che han fatto gli uomini del braccio di comando della mattanza genovese?”. Tutti promossi, elevati di grado, ricompensati “per il servizio prestato per lo Stato”. Il processo della scuola Diaz ha trovato la stessa direzione di quello di Bolzaneto: non è ancora concluso, sono stati richiesti 110 anni per 28 poliziotti e medici additati come responsabili delle violenze. Il rimosso della “questione Genova”, uscita mediaticamente in maniera importante negli ultimi mesi, nonostante il solito zelante asservimento ideologico verso sbirri di ogni risma, sta nella rappresentazione che viene data della composizione e della natura delle forze dell'ordine: viene riproposta, come sempre avviene in circostanze del genere, la retorica delle “mele marce”, l'innocentistica visione secondo cui sarebbero stati pochi e deviati coloro che avrebbero esercitato violenze, perpetrato abusi e scaduti nella discriminazione... Si fa riferimento ai “principi democratici”, alla “tradizione militare italiana”, al “fedele servizio allo Stato”: paccottiglia ideologica, propensa a mettere una pezza alle voragini che si creano, omissione e rimozione sono la regola. Vige l'impunità per il braccio armato che consente (anch'esso) la conservazione e la riproduzione del pensiero dominante, dell'esistente. Politica e media non sono indipendenti da quella che è la struttura dello Stato, quindi dei suoi interessi e delle sue finalità; non è certo da loro, o da un tribunale dello Stato, che è lecito aspettarsi una condanna... Quindi la retorica delle “mele marce”: furono pochi quelli che sbatterono le teste contro i termosifoni, che fecero cantare “Faccetta Nera” e “Giovinezza”, che manganellarono e picchiarono, che esercitarono le peggiori infamie, che costrinsero all'umiliazione centinaia di persone nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto... Come rappresenta una balla quella secondo cui furono poche decine i “violenti” che attraversarono gli scontri e i riot di Genova 2001, egual epiteto lo merita anche quella riguardante le forze dell'ordine. La natura fascista delle forze dell'ordine, delle forze armate più in generale, non si scopre certo con Genova: una cultura intrinseca e dominante negli ambienti militari che si è conservata nel tempo, fedele ad un'idea di ordine che si vuol accostare obbligatoriamente ad un regime democratico... Non è necessario fare troppa dietrologia per comprendere appieno una natura fascista che non ha difficoltà di esser osservata se si è sprovvisti di paraocchi: potremmo accennare delle violenze razziali in Somalia dei “nostri ragazzi”, o delle brutture balcaniche, e perchè no, della bandiera della Repubblica Sociale Italiana appesa sui muri (oramai fatiscenti...) della caserma di Nassiriya , dei saluti romani immortalati in tante foto di gruppo in caserma, dello stemma hitleriano dell'Afrika Korps sui mezzi militari in Afghanistan, dei segni nazisti e delle scritte lasciate durante gli sgomberi del centri sociali e degli spazi autogestiti, dello spettacolo dato nella caserma Raniero di Napoli... Normalità presentata come eccezione; e nel paese delle continue e dichiarate “emergenze” le forze dell'ordine rappresentano quello strumento così degno d'incensazione che nemmeno il pestaggio di un ragazzo italo-ghanese come Emmanuel di Parma costituisce scandalo ma insinuazione...

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