lunedì 23 marzo 2009

PRESENTAZIONE DI INFORMAZIONE ANTIFASCISTA E DIBATTITO CON SAVERIO FERRARI


Venerdi 27 marzo 2009, alle ore 21.00, presso il Csoa Askatasuna di corso Regina Margherita 47, si terrà la presentazione del nuovo numero della rivista "Informazione antifascista". All'iniziativa parteciperà Saverio Ferrari dell'Osservatorio democratico sulle nuove destre di Milano.

COMUNICATO DI LUCA

Sono stato scarcerato sabato sera dal Tribunale della Libertà dopo 2 settimane passate in cella per antifascismo. Ringrazio tutte le palestre popolari, i compagni e le compagne antifascist* e tutte le realta di movimento per essermi state vicine.
Rimanendo sempre uniti nessuno potrà fermare la nostra voglia di essere liberi.
Sempre su lo sguardo e mai un passo indietro!

Un pensiero e un saluto a tutti i/le detenuti ancora dietro le sbarre.

sabato 21 marzo 2009

LUCA E' LIBERO!!!


Ci è appena giunta la notizia che Luca è stato liberato. La redazione di "Informazione antifascista" si unisce alla gioia di Luca e di tutti i compagni e le compagne che in questo momento stanno festeggiando insieme a lui.

ORA E SEMPRE RESISTENZA!

venerdì 13 marzo 2009

mercoledì 11 marzo 2009

martedì 9 dicembre 2008

GIUSTIZIA BORGHESE


I processi di Genova 2001 e la retorica delle mele marce
note sulla natura delle forze dell'ordine del nostro paese, mentre i processi per le violenze alla scuola Diaz e alla caserma Bolzaneto volgono al termine

Il 14 luglio è arrivata la prima sentenza dei processi che arrivano dal G8 di Genova 2001: 15 poliziotti sono stati condannati a 24 anni, sono stati ritenuti colpevoli delle violenze perpetrate nella caserma Bolzaneto da parte delle forze dell'ordine contro i manifestanti arrestati nei cortei, nelle azioni e negli scontri. Nessuno farà un giorno di galera, ma non è questo quel che è interessante sottolineare, quel che, ironicamente, verrebbe da chiedersi è “qual'è la fine che han fatto gli uomini del braccio di comando della mattanza genovese?”. Tutti promossi, elevati di grado, ricompensati “per il servizio prestato per lo Stato”. Il processo della scuola Diaz ha trovato la stessa direzione di quello di Bolzaneto: non è ancora concluso, sono stati richiesti 110 anni per 28 poliziotti e medici additati come responsabili delle violenze. Il rimosso della “questione Genova”, uscita mediaticamente in maniera importante negli ultimi mesi, nonostante il solito zelante asservimento ideologico verso sbirri di ogni risma, sta nella rappresentazione che viene data della composizione e della natura delle forze dell'ordine: viene riproposta, come sempre avviene in circostanze del genere, la retorica delle “mele marce”, l'innocentistica visione secondo cui sarebbero stati pochi e deviati coloro che avrebbero esercitato violenze, perpetrato abusi e scaduti nella discriminazione... Si fa riferimento ai “principi democratici”, alla “tradizione militare italiana”, al “fedele servizio allo Stato”: paccottiglia ideologica, propensa a mettere una pezza alle voragini che si creano, omissione e rimozione sono la regola. Vige l'impunità per il braccio armato che consente (anch'esso) la conservazione e la riproduzione del pensiero dominante, dell'esistente. Politica e media non sono indipendenti da quella che è la struttura dello Stato, quindi dei suoi interessi e delle sue finalità; non è certo da loro, o da un tribunale dello Stato, che è lecito aspettarsi una condanna... Quindi la retorica delle “mele marce”: furono pochi quelli che sbatterono le teste contro i termosifoni, che fecero cantare “Faccetta Nera” e “Giovinezza”, che manganellarono e picchiarono, che esercitarono le peggiori infamie, che costrinsero all'umiliazione centinaia di persone nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto... Come rappresenta una balla quella secondo cui furono poche decine i “violenti” che attraversarono gli scontri e i riot di Genova 2001, egual epiteto lo merita anche quella riguardante le forze dell'ordine. La natura fascista delle forze dell'ordine, delle forze armate più in generale, non si scopre certo con Genova: una cultura intrinseca e dominante negli ambienti militari che si è conservata nel tempo, fedele ad un'idea di ordine che si vuol accostare obbligatoriamente ad un regime democratico... Non è necessario fare troppa dietrologia per comprendere appieno una natura fascista che non ha difficoltà di esser osservata se si è sprovvisti di paraocchi: potremmo accennare delle violenze razziali in Somalia dei “nostri ragazzi”, o delle brutture balcaniche, e perchè no, della bandiera della Repubblica Sociale Italiana appesa sui muri (oramai fatiscenti...) della caserma di Nassiriya , dei saluti romani immortalati in tante foto di gruppo in caserma, dello stemma hitleriano dell'Afrika Korps sui mezzi militari in Afghanistan, dei segni nazisti e delle scritte lasciate durante gli sgomberi del centri sociali e degli spazi autogestiti, dello spettacolo dato nella caserma Raniero di Napoli... Normalità presentata come eccezione; e nel paese delle continue e dichiarate “emergenze” le forze dell'ordine rappresentano quello strumento così degno d'incensazione che nemmeno il pestaggio di un ragazzo italo-ghanese come Emmanuel di Parma costituisce scandalo ma insinuazione...

ANTIFA FESTIVAL 2 Casalmaggiore (CR) 5-6/settembre/2008









Anche quest’anno con l’arrivo dei primi freddi arriva anche l’antifa festival, che si è tenuto in quel di Casalmaggiore (CR) sulle rive del Po. La novità sta nel numero di giorni che diventano due anziché la data singola dell’edizione precedente. I gruppi sono tutti invitanti, ma devo dire che la seconda serata ha attirato un numero indubbiamente maggiore di ragazzi. Purtroppo è saltato un gruppo sia il primo che il secondo giorno. Il primo giorno infatti hanno suonato solo i Joker Face , che si sono rivelati oltre che una valida ska band (anche se un po’ veloci per i miei gusti..), dei ragazzi molto alla mano, simpatici e disponibili. Hanno anche tentato di supplire all’assenza dell’altro gruppo cambiando in parte la formazione e suonando un paio di cover Oi!, questa inaspettata sorpresa è riuscita ad attirare sotto il palco un gruppetto di persone che evidentemente hanno gradito l’esperimento. La seconda sera sono gli Stab a disertare (per motivi famigliari di uno dei componenti) ma vengono sostiuiti dai Natural Born Drinkers che suonano per primi e riscaldano adeguatamente l’atmosfera. Poi i Los Fastidios. A seguire i veri attesi della serata, i Nabat. Sotto il palco subito dalle prime canzoni scoppia un pogo tanto potente quanto fitto, tanti salti dal palco e tanti lividi su braccia e gambe. Interviene anche Balestrino (Klasse Kriminale) che sale sul palco per cantare un pezzo con Steno. Devo dire che di tutte le volte che ho visto i Nabat questa è stata la performance migliore. La serata non finisce qui, infatti con la fine dei concerti inizia un DJ set, e la gente si divide tra chi balla e chi rimane ancora a chiacchierare. Noi siamo di quelli che chiacchierano e che se ne vanno molto tardi, quando si inizia a smontare i tavoli e chiudere la festa. Nell’andarcene non ci dirigiamo verso casa, dove avremmo poptuto trovare la pace nei nostri caldi lettucci, ma sostenuti da un entusiasmo incrollabile (incuranti del lavoro che ci attende puntuale il lunedì mattina) partiamo per Imperia, dove la domenica sera vedremo i grandi Oi Polloi allo spazio autogestito Babilonia. Ma questa è un’altra storia..
Oi! is alive! L’Oi! è vivo! Punks e skins ancora in giro..
Oi! is alive! L’Oi! è vivo! Le Oi! bands ancora in giro..

ANTIFA A COLONIA. INTERVISTA A UN COMPAGNO


Sarebbe dovuto essere uno dei più grandi congressi neofascisti degli ultimi tempi quello organizzato da Pro Koeln a Colonia nella penultima settimana di settembre, al quale avrebbero dovuto partecipare tutte le più rappresentative (ma non solo) organizzazioni di estrema destra d’Europa. Il congresso non si è svolto grazie alla mobilitazione di compagni/e antifascisti provenienti da più parti d’Europa e al rifiuto portato dagli stessi abitanti di Colonia di collaborare alla costruzione di tale evento. Come redazione di Infoantifa, intervistiamo Elia, che ha partecipato alle tre giornate di mobilitazione antifascista.

Il 19/20/21 settembre sono state giornate importanti per la città di Colonia, ma soprattutto per gli antifascisti/e di mezza Europa accorsi nella città, che avrebbe dovuto ospitare un congresso neofascista contro l'islamizzazione. Diciamo "avrebbe dovuto" poichè alla fine, grazie alla mobilitazione dei compagni/e, il tutto è stato annullato. "Pro Koeln" ha indetto quest'iniziativa, cosa sta dietro a questa sigla? Quali altre organizzazioni neofasciste erano state invitate?

L' Iniziativa Civica per Colonia (Pro Koeln) nasce nel 1996 e comincia la sua ascesa tra le formazioni populiste della città e della Regione ( il Nord-Reno Vestfalia, il Land più popoloso in Germania), arrivando a prendere anche un buon 4,7% nelle elezioni comunali del 2003.
Fin da subito Pro Koeln si distingue per le sue violente campagne razziste e xenofobe, nel solco di quella che era la tradizione dei Republikaner (una piccola formazione di destra che dopo la riunificazione tedesca ottenne numerosi successi elettorali cavalcando la crisi sociale).
Ma il vero salto di qualità per Pro Koeln avvenne nel 2005 quando cominciò la protesta contro il progetto di costruzione di una Moschea a Colonia: muovendosi abilmente questo gruppo riuscì ad inserirsi in alcuni momenti di protesta, sicuramente razzisti, ma ancora poco organizzati tentando di cavalcare quelle mobilitazioni e aprendo le sue porte ad alcuni fuoriusciti sia delle CDU (i conservatori) che dell'NPD (i neonazisti). Negli ultimi anni il modello a cui pare ispirarsi è la nostra Lega Nord, sia per le sue campagne volgari contro l'immigrazione, specialmente islamica sia per gli attacchi alla sistema politico, con qualche accenno di protesta fiscale. Negli ultimi anni Pro Koeln aveva dato vita anche ad un raggruppamento Regionale Pro-NRW, "Iniziativa Civica per il Nord Reno-Vestfalia" ed
il Congresso contro l'islamizzazione dello scorso Settembre doveva appunto servire da lancio della campagna elettorale per le elezioni del Land, previste per il 2009, con l'intento anche di provare ad intessere alleanze in vista del rinnovo del Parlamento Europeo. I partiti invitati all'inizio erano movimenti populisti ma anche gruppi appartenenti alla destra del Partito Popolare Europeo (il primo invito all'Italia era arrivato ad Alleanza Nazionale) anche per provare ad avviare un dialogo sulla falsariga del Centro-Destra italiano, ma alla fine, vista l'impresentabilità degli organizzatori ed il clima politico che cominciava a surriscaldarsi, all'appello del Pro Koeln si unirono solo il FPOE austriaco di Strake, il BZOE di Jorg Haider, il Valms Belang fiammingo, Il Front National di J. M. Le Pen e la Lega Nord decise di inviare solo M. Borghezio per non destare eccessivo clamore. In realtà sappiamo che durante la giornata del sabato diversi gruppi neonazisti extraparlamentari (tra cui alcuni autonomen nationalisten) hanno provato a raggiungere l'Heumarkt di Colonia, luogo del congresso, rimanendo bloccati in aereoporto o nella stazione ferroviaria della città.

Come già detto, compagni e compagne da tutta Europa sono accorsi a Colonia a seguito della mobilitazione messa in piedi dagli antifascisti tedeschi per impedire che il congresso avesse luogo. Quali iniziative di protesta sono state messe in piedi e con quali parole d'ordine? Come si è mossa la numerosa componente migrante della città?

Come tradizione dei movimenti antifascisti tedeschi la mobilitazione è stata di massa e molto ben organizzata. Secondo uno schema abbastanza abituale ad accendere i riflettore sul congresso dei fascisti sono stati i gruppi antifascisti autonomi che già da Luglio, cioè da quando Pro Koeln ha annunciato la sua inziativa, hanno incominciato ad organizzarsi in vari coordinamenti, con la parola d'ordine comune di impedire il convegno. Alla mobilitazione antifascista autorganizzata si è affiancata successivamente quella dei partiti di sinistra, dei collettivi studenteschi e delle associazioni antirazziste e dei sindacati: un fronte variegato con cui comunque anche le situazioni più radicali hanno saputo dialogare creando momenti di azione diversi in cui ciascuno poteva utilizzare le proprie pratiche, ma con il fine comune di bloccare Pro Koeln ed i suoi sodali. A questo si è aggiunta una mobilitazione spontanea di bar, discoteche e gruppi musicali che si sono schierati contro il raduno fascista, esponendo un logo comune nei loro esercizi e sulle vetrine, "Niente birra per i nazisti!". Inoltre, la componente migrante della città si è schierata da subito contro l'evento per voce di alcune associazioni, ma il dato politico più interessante sono state le azioni di disturbo e radicale rifiuto messe in campo da giovani stranieri nelle periferie e nelle scuole superiori che si sono susseguite lungo tutta l'estate. L'impianto delle contro-manifestazioni E' stato quello di un vero e proprio contro-vertice: un Convergence Center, spazi per dormire, supporto legale in più lingue ed diverse giornate di azione: si comincia con disturbare il presidio/conferenza stampa itinerante che i fascisti avevano annunciato per venerdì 19 mattina in due quartieri periferici a forte presenza migrante, un corteo antifascista per il venerdì sera e i blocchi alla piazza concessa ai fascisti, l'Heumarkt, per tutta la giornata di sabato 20 ed una contestazione alla chiusura del congresso fascista in una cittadina vicina, Leverkusen, per domenica 21.
Fin dalle prime azioni la polizia è stata in difficoltà ed ha più volte chiesto ufficialmente ai Pro Koeln di modificare o spostare le proprie inizative non riuscendo a garantire l'ordine pubblico; quando i fascisti si sono mostrati in pubblico, sono stati subito contestati e attaccati: il battello sul quale dovevano fare il loro tour del venerdì mattina è stato bersagliato da pietre e palloncini di vernice, costringendo il capitano dell'imbarcazione a sospendere la navigazione e la polizia a sospendere l'iniziativa, dopo questo episodio, anche per paura di ritorsioni, gli alberghi e gli autobus affittati da Pro Koeln hanno deciso di cancellare le prenotazioni dei fascisti.
La sera di venerdì 19 il corteo è sfilato compatto per il centro di Colonia sfidando il divieto di coprirsi il volto, forte di circa 3000 persone; durante il tragitto l'Ufficio per l'Immigrazione regionale è stato colpito con pietre e vernice, stessa sorte per alcuni veicoli della polizia ed un Sexy Shop; mentre dopo il corteo le vetrine di alcuni negozi di multinazionali sono state infrante e nella notte le case di alcuni fascisti sono state imbrattate con scritte e palloncini di vernice.
Ma la vera sorpresa è stata la determinazione e la grande partecipazione ai blocchi di sabato 20: il centro cittadino, compresi i binari della metropolitana ed i ponti sul Reno, sono stati invasi da un fiume di attivisti che ha impedito l'accesso alla zona del Convegno Fascista, respingendo anche le provocazioni dei fascisti e soprattutto della polizia; si è riutilizzato l'immaginario e la tattica di Rostock: blocchi di massa, coordinati e mobili. La polizia si è trovata costretta a bloccare all'aeroporto di Colonia circa 300 militanti di estrema destra di varia provenienza nell'impossibilità di scortarli alla piazza del Convegno; i gruppetti di fascisti che provavano a raggiungere il centro della città erano subito individuati e respinti.
Verso le 13:30 la polizia non riuscendo a reggere questo vero e proprio assedio, ha revocato l'autorizzazione concessa a Pro Koeln, annullando di fatto l'evento dei fascisti.

ANTIFASCISMO MILITANTE PER NICOLA

“Nicola è ognuno di noi. Per sconfiggere insieme la paura. Scendiamo in Piazza per svegliare una città che troppe volte ha girato la testa. Non deve farlo questa volta. Non deve farlo mai più. Mobilitiamoci e riprendiamo la parola prima che l’ipocrisia riscriva anche questa storia. Per una Verona libera dalla paura e dall’odio, per una Verona libera da vecchi e nuovi fascismi, per una città libera dall’intolleranza, dal razzismo, dall’ignoranza.”


Così iniziava l’appello scritto dai compagni di Verona che il 17 maggio scorso hanno convocato una manifestazione nazionale a seguito dell’uccisione dell’ennesimo ragazzo per mano di fascisti. Nicola è morto nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio. Ucciso in pieno centro, a Verona, da un gruppo di 5 fascisti. Risalire al motivo di questa uccisione poco importa, forse per una sigaretta negata, forse per i capelli lunghi o forse per un orecchino di troppo. Ciò che conta è che Nicola, agli occhi di chi l’ha ucciso, era un “diverso” e per questo meritava la morte. I suoi amici, presenti al momento del pestaggio ma non gravemente feriti, raccontano di pochi minuti di panico, di violenza “bestiale”, tanto immotivata, quanto improvvisa.

I compagni di Verona riferiscono che da anni squadracce di fascisti girano per la città a fare “pulizia”, rivendicando il diritto assoluto su un territorio che dichiarano, oramai, essere loro. Il sindaco Tosi, che senza imbarazzo partecipa a cortei neofascisti con saluti romani e croce celtiche, ha negato fino all’ultimo la matrice politica di tale gesto, cercando di minimizzare la gravità dell’accaduto e parlando di lite fra ragazzi, di “futili motivi”. Anche la polizia per alcuni giorni ha cercato di coprire ogni collegamento con le organizzazioni di estrema destra e i giornali con le televisioni hanno prestato il fianco a questa versione dei fatti. Questo modo di agire non ci sorprende, vediamo sempre più spesso, ma soprattutto in maniera sempre più esplicita, la cosiddetta “destra istituzionale” intrattenere rapporti con le organizzazioni neofasciste, legittimandole e offrendo loro copertura politica in alcuni casi, utilizzandole per il proprio tornaconto in altre. In linea con la posizione del sindaco Tosi e della polizia lo stesso Fini, dagli studi di Porta a Porta, sosteneva che l’omicidio di Verona fosse meno grave delle bandiere d’Israele bruciate a Torino, poiché nel primo caso era assente un “riferimento ideologico”, nel secondo no, in quanto i responsabili appartenevano a un centro sociale di sinistra.

Il corteo del 17 maggio ha raggiunto Piazza delle Erbe, salotto bene della città e ritrovo dei neofascisti, respingendo i diversi tentativi di provocazione da parte della polizia.
Migliaia di persone provenienti da tutta Italia hanno attraversato le vie della città, ricordando Nicola e portando solidarietà a tutti i veronesi che non accettano la cultura imposta dal sindaco Tosi e dall’estrema destra cittadina.
Verona, città simbolo del “Veneto che lavora”, finge di non vedere tutto ciò e si nasconde dietro il finto problema della “sicurezza” per giustificare i sempre più numerosi atti di violenza contro i migranti, i militanti di sinistra, i senza fissa dimora, gli omosessuali...
Nicola è uno dei tanti che in questi anni è stato aggredito, uno di quelli che alla Verona “pura” non piace.

E’ importante oggi più che mai farsi delle domande, come movimento antagonista, sul perchè, nonostante l’ espansione e il radicamento dei fenomeni di estrema destra, ci sia una parte del movimento che considera l’antifascismo militante una pratica confinata nella storia. Questa parte del movimento pensa che si debba parlare di “contrapposizione” solo nei momenti di assoluta necessità e che per combattere il fascismo basti trasformarlo in altro o mascherarlo con altri temi. Verona e Roma sono due città che oggi pagano le scelte fatte in questa direzione da alcuni centri sociali e da alcune aree dell’antagonismo in generale, che hanno deciso di non stare al centro del conflitto lasciando, di conseguenza, molto terreno libero al radicamento dei fenomeni di estrema destra.
Come redazione di Informazione Antifascista pensiamo che quella dell’antifascismo militante sia l’unica scelta che paghi, l’unica in grado di sottrarre spazi e agibilità politica ai neofascisti.
Le pensavano come noi migliaia di compagni e compagne che il 17 maggio sono scesi in piazza a Verona, convinti che riprendersi le strade e i quartieri della propria città sia fondamentale e che solo opponendosi alle destre con continuità e determinazione si possa dare loro una reale battaglia politica.

AGGUATO FASCISTA A ROMA NEL GIORNO DI RENATO

Il 27 agosto del 2006 veniva ucciso con otto coltellate Renato Biagetti. Stava tornando a casa con la ragazza e un amico, dopo aver partecipato ad una fasta reggae sulla spiaggia di Focene, quando il gruppo venne aggredito da due fascisti. Morì poche ore dopo in ospedale.
Esattamente due anni dopo, alla fine del concerto in ricordo di Renato organizzato al parco Schuster, in zona Ostiense, tre compagni vengono aggrediti da fascisti armati di coltelli e catene. I tre compagni, dopo il concerto, si erano spostati al centro sociale Pirateria che dista poche centinaia di metri dal parco e alle 4 del mattino stavano tornando a prendere le macchine quando sono stati avvicinati da una decina di fascisti. Complice la strada deserta, i fascisti si sono avvicinati insultandoli, aggredendoli con calci, pugni e ferendo uno dei ragazzi con sei coltellate alla coscia. L’aggressione è durata pochi minuti, successivamente i fascisti sono fuggiti a piedi. Il mattino dopo l’agguato un’assemblea spontanea ha aggregato alcune centinaia di compagni e compagne organizzando per la sera stessa un corteo che ha percorso le strade della città di Roma.

ADINOLFI A TORINO? NO, GRAZIE

Venerdì 12 settembre Ugo Maria Tassinari (in passato presunto militante dell’autonomia, oggi studioso e amico dei neofascisti) e Gabriele Adinolfi erano stati invitati ad un incontro dal titolo “Destra radicale- da opposte prospettive”. L’incontro si sarebbe dovuto svolgere nella sala circoscrizionale del quartiere San Paolo di Torino, nello stesso edificio che ospita la sezione dell’Anpi dedicata a Dante di Nanni.
Qualcuno probabilmente sperava che gli antifascisti/e non se ne accorgessero, invece così non è stato. Tempestivamente, infatti, la Torino medaglia d’oro alla resistenza si è mobilitata ed ha impedito che questo evento avesse luogo.
Una figura come quella di Adinolfi non necessita di presentazione in quanto fondatore di Terza Posizione, stragista nero e militante dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari). Un personaggio che non ha mai smesso di rivendicare il suo passato e che tornato in Italia, dopo molti anni d’esilio, scrive corposi documenti politici ed è indicato come “il professore” da molte formazioni neofasciste tutt’ora presenti sul territorio. Un invito scomodo quello fatto dal Centro Studi l’Araldo, fittizia associazione culturale, che da anni promuove a Torino eventi e dibattiti legati all’estrema destra. Diversi attori in gioco, tutti pronti a dichiararsi disponibili ad un confronto democratico, senza volontà revisioniste o, ancor peggio, negazioniste. Non è così e lo sappiamo tutti. Lo sa chi ha dovuto rinunciare a questa uscita pubblica e lo sanno le centinaia di antifascisti/e che, con l’appoggio dall’ANPI Provinciale (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), per giorni hanno dato battaglia politica, informando la città dell’incontro e organizzando un presidio in concomitanza all’evento. Il risultato non poteva essere diverso da ciò che è stato: Tassinari ha ritirato la sua disponibilità a partecipare, Adinolfi si è improvvisato in un monologo a beneficio di pochi “amici” all’Associazione Culturale l’Asso di Bastoni, il maggiore ritrovo cittadino dei neofascisti.
Il messaggio dato dalla Torino antifascista è chiaro e si rivolge a tutti coloro che tentano di riscrivere la storia e diffondere nella società falsi valori e pericolose prospettive (tra questi anche noti esponenti politici come il ministro La Russa e il sindaco Alemanno): la storia è stata scritta dai partigiani e da chi il fascismo l’ha combattuto, chi stava dall’altra parte allora ed oggi tenta di tornare alla ribalta non avrà altro risultato che la sconfitta.

25 APRILE AD ALGHERO

Ci sono i sindaci che illegalizzano i lavavetri e sindaci che illegalizzano Bella Ciao. Quest’ultima trovata arriva da Alghero, in Sardegna, il che ha suscitato grande scalpore, tale da arrivare su tutti i giornali sardi e italiani. Il sindaco in questione, Marco Tedde, pretendeva la “protezione” delle forze dell’ordine contro i provocatori comunisti che avrebbero alzato i pugni chiusi e cantato Bella Ciao al corteo del 25 Aprile. Gli antifascisti algheresi, accorsi in oltre mille dietro lo striscione del Cantiere Sociale, non hanno voluto disattendere le aspettative del sindaco: hanno cantato la canzone partigiana per tutto il corteo. Soddisfazione degli organizzatori della protesta canora per la riuscita del corteo, minore quella il sindaco, che si e’ sentito “tradito dalle sue forze dell’ordine”.

venerdì 6 giugno 2008

Antifascismo; questioni per un dibattito politico

Premesso che questa non è didattica, né una “scuola di partito”, il presente documento vuole trattare alcuni nodi dell’antifascismo, ponendo in essere le contraddizioni, sempre più pesanti, che si rendono palesi, giorno dopo giorno, nel nostro paese, come nel resto del mondo. Se l’antifascismo è un terreno sul quale le sinistre, tutte, hanno dovuto confrontarsi, alcune volte in modo virulento, perdendo pezzi di consenso e militanti, è perché si tratta di una comune radice storica, un unico terreno politico-militare di provenienza; quello della Resistenza. La relazione della politica, e della sua filosofia, con la storia, cioè con il mondo d’origine, è sempre critica perché, nell’equilibrio della dialettica, una parola cancella le altre, o per lo meno le sostituisce, le rimpiazza. Così, se nel dopoguerra Resistenza voleva dire Libertà, e quella dei comunisti era stata una lotta “per un mondo nuovo, di eguali”, contro il nazifascismo certo, ma anche per una rivoluzione di classe, ben presto con le politiche d’inserimento graduale, per un partito di massa, di gestione dei consensi e delle posizioni, da parte del Pci si passò a dividere le parole dall’azione politica, tanto da sentirsi costretti controvoglia a partecipare alla mobilitazione popolare di Genova 1960, che esigeva una presenza formale del partito.
L’antifascismo divenne quindi merce di scambio politico, come anche i suoi testimoni, i partigiani, assunsero il ruolo di rappresentanti dell’istituzione, all’interno della quale potevano agevolmente muovere equilibri. Con la “stagione dei movimenti”, e in realtà già prima con il lavoro teorico di alcuni intellettuali, si pose la questione dell’eredità della Resistenza, visto che già dal 1946 la Repubblica aveva legalizzato la presenza dei fascisti nell’ordine partitico, consentendo la nascita del Movimento Sociale Italiano. La prima ad essere messa sotto accusa fu proprio la Costituzione e la sua applicazione; com’era possibile che vietando il fascismo permettesse già dal 1948 che tra i banchi di Montecitorio sedessero irriducibili di Salò e del ventennio? Dalle violenze si passò alle stragi, alla commistione delle destre con i settori militari, massonici, mafiosi.
La risposta “di legalità” non fu però accettata da tutti. All’antifascismo istituzionale si accostò quello militante, vissuto giorno per giorno, passo a passo. Analizziamone dunque le caratteristiche. Rispetto a quello istituzionale ha una diversa base d’azione; si sviluppa nella città, nei quartieri, nei rioni, ha insomma una territorialità che manca all’ambiente metafisico parlamentare, fatto di giornali, radio, tv. Si radica all’habitat in cui vive e combatte ogni forma di intrusione, di provocazione fascista, «colpo su colpo», coinvolgendo la popolazione, il sociale, nel processo di lotta. Non esita ad usare qualsiasi mezzo per la difesa.
Dietro all’azione diretta c’è però un ampio processo di analisi del momento storico, e di ricerca degli strumenti idonei per la vittoria sul neofascismo. Intanto va detto che l’antifascismo non si espleta solo nella contrapposizione contro i «topi di fogna», ma anche nell’affermazione di altri valori, come l’antisessismo, l’antirazzismo, l’anticapitalismo, l’antimperialismo, la lotta di classe sul posto di lavoro, con un background di argomenti che abbraccia la totalità del vissuto.
Proprio per questo motivo i gruppi neofascisti non devono essere al centro dell’attenzione degli antifascisti, ma anzi è fondamentale analizzare le contraddizioni sociali, spesso irrisolte e dimenticate dall’apparato politico istituzionale, per individuare i terreni sui quali, sfruttando le situazioni del caso, questi gruppi pongono le proprie radici. Solo agendo alla base si possono disarticolare questi gruppi, rendendoli insignificanti, cacciandoli, eliminandoli. Il protagonismo deve essere quello delle masse e non l’esaltazione della paura per i fasci, degli attacchi compiuti.
Vi è poi la questione della guerra. La dottrina politica dei fascisti si basa su di una gerarchia, dominata da un Capo, che parla ai suoi «soldati politici», i militanti che sono in guerra contro tutti e tutto, per ristabilire l’Ordine originario. L’antifascismo militante, invece, combatte la sua “guerra giusta”, pur battendosi per la pace non lesina l’uso della violenza. Questa, però, deve essere sempre giustificabile e rivendicabile politicamente, non deve in sostanza essere fine a se stessa, o generalizzata. Ci sono momenti in cui è politicamente utile intervenire, altri nei quali l’azione porterebbe ad un’inevitabile sconfitta. La responsabilità è quella di ricercare sempre una vittoria e non l’eliminazione del nemico ad ogni costo, perché solo nella vittoria si trova la sconfitta del nemico. La “romantica” immolazione per la causa viene sostituita con un’azione razionale, con immediate ricadute politiche.
C’è poi l’élitarismo della lotta, concezione nella quale cadono moltissimi soggetti politici, anche extraistituzionali. Non esiste un prototipo di antifascista militante, né vi è un modello d’azione corretto. Né le lotte possono essere combattute tra eserciti contrapposti, su di un terreno cittadino. Sarebbe inevitabile una sconfitta visto il ruolo che i fascisti svolgono, che come diceva Gramsci è quello di spalla delle dirigenze capitalistiche. Quindi bisogna confrontarsi, coinvolgendo sulle posizioni e sulle finalità, anche con i meno politicizzati, che comunque vivono sulla propria pelle, dal mattino alla sera, le contraddizioni del vivere.
Spesso all’azione militante segue quella legale, di processi montati ad arte per screditare e a volte sconfiggere scomode componenti politiche, fuori e oltre l’arco parlamentare, ma con implicazioni dirette per tutti. Bene, visto che questi procedimenti vertono su due fattori, quello della violenza e quello dell’illegalità, una mobilitazione contro la repressione è inutile, e nella peggiore delle ipotesi stupida. Perché non ci si può aspettare, dal sistema-istituzione, che funzioni in altra maniera se non quella di reprimere le istanze rivoluzionare, contrarie per forma ed orientamento a quelle della conservazione del potere. Questo non vuol dire accettarlo o dimenticare i denunciati, ma affrontare in modo politico, e non personale e soggettivo, l’impianto accusatorio, le denunce stesse che cercano di aprire varchi nella giurisprudenza per colpire, il più delle volte, l’azione e quindi lo strumento del soggetto politico. Va rivendicata una continuità politica di gruppo, collettiva, che faccia emergere le contraddizioni in seno al sistema di potere stesso. Inoltre nella fase di costruzione del percorso politico “l’isolamento dorato” dei duri e puri spesso si traduce in tragedie politiche, con situazioni d’obbligo, nelle quali si perde l’iniziativa e si deve per forza agire, consapevoli di un successivo disastro.
Va preso atto della capacità, da parte delle varie organizzazioni fasciste, di essere, in alcuni luoghi, gli unici referenti politici. Dalla lotta per la casa al caro vita, allo stadio, pur non condividendone le analisi, il neofascismo ha imparato ad occuparsi “del sociale” in modo strumentale, per aumentare voti e numeri. Certo, che si sia d’accordo o no sulla fascistizzazione della società, non si può però negare che vi sia una sincronia perfetta tra questo mondo che premia l’individualismo, l’arrivismo, l’egoismo, il sessismo, il razzismo, ecc… e le parole d’ordine del neofascismo. Ma questo conferma, ancora una volta, che esiste una continuità tra le due entità.
Su questi temi, sull’urgenza dell’antifascismo, in ogni ambito d’azione è doveroso aprire un dibattito che tenga conto delle specificità di ogni città, ma che ponga prima di tutto l’unione degli antifascisti come requisito primario per ogni tipo d’intervento. Invitiamo dunque tutti a scrivere sull’argomento; mandateci le vostre riflessioni all’indirizzo infoantifa@gmail.com

Redazione InfoAntifa